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Il documento ritrovato Abbiamo
ritrovato nei nostri archivi, quasi casualmente, il documento della direzione
nazionale del Pri riunita a Roma il primo novembre nel 1922. Ci siamo sentiti
in dovere di pubblicarlo per ricordare a coloro che ci leggono come la vita
del Paese possa trovarsi in bilico quando meno ce lo
si aspetta. Un fremito creduto di rinascita, si rivela il sussulto di una
malattia. Ancora nel 1924 Giovanni Amdìendola, un uomo politico formidabile
del quale onoriamo e rispettiamo la memoria, credeva
che il fascismo si potesse costituzionalizzare. Un anno dopo gli squadristi
ridussero il deputato liberale in fin di vita. La direzione repubblicana vide
tutto dal primo momento, non solo non si fece alcuna illusione su cosa stava
per consumarsi in Italia, ma scommise persino sul fatto che tanta pena
sarebbe trascorsa. È vero che avrebbe imposto alla
nazione un regime di tipo bonapartista capace di abbassare la coscienza
popolare, ma la direzione del Pri prevedeva che così facendo il fascismo si
sarebbe disintegrato. Forse si sperava che non durasse tanto e fosse capace
di produrre tali danni, ma questi ancora non si potevano prevedere. Questa
lezione della storia appare molto lontana eppure sembra tornare attualissima.
C’è una discussione in Parlamento dove non ci si disdegna di ricorrere a
termini e ad accuse che ricordano quegli anni del secolo scorso. Conoscendo
fatti e protagonisti, consiglieremmo a tutti prudenza.
La storia non si ripete mai, se non come farsa. Che senso ha per coloro che
hanno sostenuto il bipolarismo maggioritario, quest’opposizione alla nuova
legge elettorale? L’onorevole Bersani voleva una legge elettorale che sancisse il vincitore appena finita lo spoglio, Renzi
gliel’ha data. Il maggioritario fu usato da Mussolini per blindare la sua
maggioranza e sopprimere le elezioni, Renzi non si spingerà a tanto. Gli
basta la polverizzazione delle opposizioni e il ridicolizzarsi della
minoranza interna al partito. Potrà governare serenamente come un piccolo
duce, oppure tornare a votare con una nuova legge. Comunque avrà in mano il
Paese. Gli spazi di democrazia non li ha ridotti lui. Li hanno ridotti gli
assertori del maggioritario bipartitico che lo hanno preceduto. Renzi ha solo
perfezionato un processo avviato nel 1992. Abbiamo letto persino il direttore
di “Repubblica”, Enzo Mauro chiedere ai partiti di svolgere la loro funzione
per impedire una deriva autoritaria. I partiti? Ma non lo legge il suo
giornale Mauro? Solo il Pd è un partito e il Pd lo comanda Renzi. Fa uno
strano effetto questa improvvisa scoperta dell’infausta soppressione della
repubblica parlamentare da parte di coloro che l’hanno promossa. Sono
maggiormente coerenti i cosiddetti “renziani”, i quali, è vero assomigliano
più agli scherani di Mussolini, di quanto Renzi assomigli al duce. Non che
questo non sia lo comunque un problema, lo è eccome. Abbiamo
però una consolazione rispetto alla direzione repubblicana del 1922,
l’Europa, quella di cui la direzione nazionale repubblicana, dal 1948, voleva
far parte e qualche matto oggi, ogni tanto, dice che vorrebbe uscire. Roma, 30 aprile 2015 |
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